Il tempo dell’urgenza

17 Febbraio 2024
Massimiliano

“Essere occupati in permanenza, un’urgenza dietro l’altra, dà la sicurezza di una vita piena o di una “carriera di successo”, uniche prove di autoaffermazione in un mondo in cui manca qualsiasi riferimento all'”aldilà” e in cui la certezza è l’esistenza, con la sua finitezza”

Nicole Aubert

Quale prospettiva possiamo avere di fronte al perenne stato d’emergenza in cui viviamo? Quale consapevolezza di sé può generare un rapporto con il tempo dettato unicamente dalla tensione adrenalinica e dall’intensità dello sforzo?

È ormai più che un’impressione quella di vivere un tempo dell’urgenza in cui siamo chiamati a significare ogni nostro atto soltanto in virtù della sua stessa emergenzialita’. Nella nostra società si struttura una condensazione temporanea dell’energia che sollecita nel singolo l’illusione di conquistare il tempo, dissolvendo il futuro nel presente. L’istante, investito di energia, adesso o mai più, allevia il senso di inadeguatezza che insorge di fronte alla vastità del possibile. Non ha alcuna rilevanza il contenuto del compito cui siamo chiamati, ciò che è essenziale è la percezione di essere all’altezza della sfida. Viviamo costantemente sotto pressione per non patire il dolore insopportabile della scelta e l’inevitabile peso del sacrificio. Ma se l’esserci è dimensionato solo dalla velocità con cui sviluppa energia rischiamo di rimanere intrappolati nell’immediato senza mai riuscire a generare una traccia individuativa. L’accelerazione del tempo genera frustrazione perché riduce la nostra complessità ad un mero prodotto di calcolo: l’algoritmo. Come ben ricorda Jung dobbiamo riuscire a tenere insieme gli opposti, velocità e lentezza, per trovare la pienezza della vita. Festina lente recitavano gli antichi: affrettati ma lentamente.

La lentezza è il tempo dell’anima e della riflessione, quanto la velocità è il tempo della mente lineare logico razionale e dell’azione. Abbiamo necessità, a secondo dei contesti e delle situazioni, di entrambe” scrive Marco Manzoni nel suo bellissimo saggio “Salvare il futuro, dall’homo hybris all’homo pathos”.

L’inflazione contemporanea – ermetica, produttiva, tecnologica, psichica – genera autoreferenzialità e smarrimento e non consente quel paziente lavoro di tessitura di senso che relaziona il visibile con l’invisibile, che inscrive la nostra singola esistenza nel solco del tempo della memoria del mondo.

“C’è un legame stretto tra lentezza e memoria, tra velocità e oblio. […] Nella matematica esistenziale questa esperienza assume la forma di due equazioni elementari: il grado di lentezza è direttamente proporzionale all’intensità della memoria, il grado di velocità è direttamente proporzionale all’intensità dell’oblio.”

M. Kundera, La lentezza

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